L’attacco di panico è un disturbo dell’ansia. L’attacco di panico consiste nella comparsa improvvisa di paura o disagio intensi che raggiunge il picco in pochi minuti e durante i quali possono comparire quattro o più sintomi fisici/cognitivi.
Attacco di panico sintomi: palpitazioni o tachicardia; sudorazione; tremori; sensazione di soffocamento; sensazione di asfissia; dolori o fastidio al petto; nausea o disturbi addominali; sensazione di vertigine o di svenimento; brividi o vampate di calore; sensazione di torpore e formicolio; sensazione di irrealtà o depersonalizzazione come sentirsi distaccati da se stessi; paura di perdere il controllo o di impazzire; paura di morire.
L’attacco di panico improvviso può verificarsi sia a partire da uno stato di quiete, sia da uno stato ansioso. Esso lascia spossata la persona, sia a livello fisiologico che psicologico.
L’attacco di panico può essere inaspettato, quando non vi è un chiaro elemento scatenante al momento dell’avvenimento, sia atteso e prevedibile in situazioni in cui si è tipicamente verificato, come luoghi pubblici, autostrade, centri commerciali.
Durante l’attacco di panico la persona è terrorizzata dalle sue stesse sensazioni di paura nei confronti dello stimolo minaccioso, così l’effetto si trasforma in causa poiché combattere maldestramente tali spaventose sensazioni fa aumentare le reazioni che le incrementano invece di ridurle.
Nell’impanicato subentra una sorta di ansia anticipatoria della paura che mina lentamente tutte le difese psicologiche, prosciuga ogni tipo di energia e lo espone a un altro inevitabile attacco di panico perché rimane sempre allertato e angosciato dalla possibilità del ripetersi di esso. La persona, infatti, con questa sua eccessiva preoccupazione, mette in atto uno sconvolgimento psico-fisiologico a tal punto da favorirne il ripetersi dell’attacco di panico, sia perché vive sempre in tensione, sia perché ha paura di ogni minima sensazione che ne scatena l’angoscia del pericolo imminente.
La paura più rilevante e ricorrente è quella di poter morire per infarto o quella di potere “ uscire di senno”. Molti, pure, manifestano la preoccupazione di poter essere notati dagli altri durante tali attacchi di panico.
La paura dell’infarto viene perché il cuore sta pulsando come un toro scatenato, mentre quella d’impazzire si presenta come vaga sensazione di poter perdere il controllo delle proprie azioni.
Nel primo caso sono i sintomi fisici che atterriscono, nel secondo caso sono i sintomi psicologici che influenzano la percezione (paura di fare brutte figure, di buttarsi dalla finestra, di potersi schiantare con la macchina).
Prevalenza dell’attacco di panico
L’attacco di panico interessa dall’1,5% al 3% della popolazione e le donne sono il doppio degli uomini. Esso si può presentare in età compresa tra 15 e 35 anni; può venire casualmente per fattori esterni alla persona o per stili di vita sottoposta a continui stress.
Essendo un’esperienza devastante che lascia un ricordo angoscioso, sono da evitare critiche o suggerimenti a resistere, a reagire. La cosa più conveniente, nei momenti di panico, è quella di invitare il paziente a respirare più lentamente e dargli rassicurazioni come “ sono qui con te, aspettiamo insieme che passa la crisi”. Terminata la crisi è opportuno prendere in seria considerazione una cura adeguata onde evitare di svolgere una vita invalidante.
Questo disturbo causa gravi limitazioni sia a livello sociale, sia a livello lavorativo con diminuzione della qualità della vita. Gli impanicati, infatti, evitano tutte quelle situazioni che incutono loro paura e facilmente si assentano dal lavoro.
Strategie inefficaci
1) Evitare o rifuggire da ciò che spaventa. In questo modo la persona evita il disagio momentaneo, ma a medio e lungo termine la paura aumenta e invalida altri settori della vita.
2) La ricerca d’aiuto e protezione da parte di parenti o persone fidate. Il messaggio che s’installa nella mente di chi soffre di attacchi di panico è quello di non essere capace ad affrontare da solo le varie situazioni della vita e quindi di non essere valido . Questa percezione autolimitante lo deprime e lo rende pigro ad affrontare ciò che teme.
3) Il tentativo fallimentare di tenere sotto controllo le proprie reazioni psicofisiologiche. La focalizzazione eccessiva e preoccupata sulle proprie sensazioni fisiche, come il tentativo inefficace del controllo, amplificano paradossalmente tali percezioni/reazioni che poi provocheranno quello che si teme: un nuovo attacco di panico.
Gli impanicati, perciò, vivono come un topino allertato che si aspetta che da un momento all’altro arrivi la scossa elettrica dello sperimentatore; così loro vivono con l’ansia anticipatoria dell’ipotetica crisi.
Pensano in quale contesto potrà ripresentarsi la sofferenza; davanti a chi potrà succedere di sentirsi male; come potranno gestire la situazione ansiogena.
Tali pensieri anticipatori dell’evento temuto, riescono a mantenere attivo il sistema di allarme e il livello dell’ansia, a tal punto che basta poco che questo supera il limite della sopportazione e del controllo e fa scatenare l’angoscia panica.
Un altro aspetto rilevante nella vita della persona che soffre di attacchi di panico è il continuo nutrire i dubbi riguardanti gli eventi futuri. Tali dubbi si presentano con la famosa frase:” e se mi succede…? E se starò male…? E se mi viene l’attacco…?
I dubbi ipotetici sono trasformati in realtà e provocano angoscia debordante. Di fronte a tali dubbi inarrestabili, il paziente cerca invano di rassicurarsi, di chiedere conferme agli altri che quanto temuto non possa accadere. Ma tale strategia risulta insoddisfacente e momentanea, perché nuovamente i dubbi l’assalgono e lo trascinano dove egli non vuole andare.
L’aspetto razionale soccombe a quello emotivo; è più forte la paura che possa accadere che qualsiasi altra razionale rassicurazione o spiegazione.
Come guarire
Bisogna fare l’esatto contrario delle strategie inefficaci. Si deve predisporre un piano terapeutico che preveda la capacità di affrontare la paura dell’attacco di panico, la paura ad allontanarsi dai luoghi conosciuti, la paura ad agire da solo, la tendenza all’ipercontrollo delle proprie reazioni fisiologiche.
1) Combattere la percezione catastrofica del paziente, ristrutturando la percezione invalidante;
2) Non scappare da ciò che si teme, ma saperlo affrontare con esposizione graduale, sistematica e completa.
3) Evitare di chiedere aiuto agli altri per sperimentarsi vittoriosi.
4) Evitare di controllare o reprimere le sensazioni fisiologiche che paradossalmente fanno scatenare l’attacco di panico.
La terapia vincente è quella che utilizza lo stratagemma cinese del “solcare il mare all’insaputa del cielo”.
Significa far fare ai pazienti delle esperienze emotive-correttive, senza che essi se ne rendano conto, onde evitare di far innalzare barriere difensive contro la paura. Si distoglie l’attenzione del paziente e la si dirotta in comportamenti che apparentemente non hanno a che fare con il problema, ma così facendo gli si permette di affrontare delle prove di coraggio, mascherate da altre incombenze.
Non sono le analisi e le comprensioni a far guarire, ma la nuova percezione e le azioni casualmente programmate a saper affrontare quanto temuto.
Per esempio, a una persona che ha paura ad avventurarsi in autostrada perché ha la sensazione di non avere tutte le uscite possibili e immaginabili qualora dovesse sentirsi male, si dà la seguente prescrizione, dopo aver lavorato sull’elaborazione della paura:” Lei prenda la macchina e si diriga verso l’autostrada per venirne fuori alla prima uscita. Durante il viaggio deve percorrere la strada alla velocità di 33, 44, 55, 66, 77, km orari. Badi bene che deve guardare costantemente il tachimetro per mantenere le seguenti andature. Inoltre mi deve contare e annotare, mentalmente, tutte le macchine che la supereranno e a quale casa automobilistica apparterranno.”
Con la paura invalidante, la razionalità e i buoni consigli sortiscono poco effetto, mentre risultano efficaci le logiche paradossali, delle credenze, della logica strategica.
In questi ultimi anni, infatti, si sono affinate delle strategie efficaci nel combattere tale problema con risultati più che lusinghieri. Tali strategie hanno degli obiettivi specifici, tengono conto della logica del paziente e prediligono uno stile comunicativo ingiuntivo, persuasivo, paradossale e costruttivo.
Ma la cosa più strabiliante è che l’attacco di panico si può curare e guarire in tempi brevi, senza bisogno di sottoporsi a inutili ed estenuanti sedute terapeutiche che durano anni e che fanno la “ fortuna economica” del terapeuta.
Diceva, infatti, Occam “ Tutto ciò che può essere fatto con poco, inutilmente viene fatto con molto.” Gli ansiolitici che le persone prendono nei momenti acuti , sono utili ma riduttivi nei riguardi di una guarigione completa che deve coinvolgere il sistema percettivo-reattivo e migliorare lo stile di vita.
RASSICURAZIONI:
– Non si è soli a soffrire. La metà dei pazienti che si presentano al pronto soccorso per problemi cardiaci, soffrono di attacchi di panico.
– Non si impazzisce – Non si muore – non ci si paralizza per sempre
– Non si rischia l’infarto o l’ictus
– Non si compiono azioni pericolose per sé o per gli altri. Di ansia non si muore. L’ansia cresce fino ad arrivare a un punto massimale, ma dopo diminuisce e la situazione angosciosa finirà quanto prima.
Il disturbo d’attacco di panico si può curare e guarire definitivamente, anche se persiste da anni.
Dr. Stefano Di Carlo psicologo-psicoterapeuta riceve a Bolzano, Trento e Verona www.dicarlostefano.it; cell: 3356137977